C’è stato un tempo in cui il calcio era una questione di uomini. Di carattere, talento, libertà svincolata dalla tattica. E c’è un tempo in cui tutto questo sembra svanire. La differenza è tutta qui. Per questo i campioni degli anni ‘90 potrebbero vincere anche con l’uomo in meno.
Le differenze principali tra il calcio di 30 anni fa e quello odierno
Esasperazione del tocco di prima, tiki taka e possesso palla, gioco in velocità. E ancora: costruzione dal basso, gegenpressing, calcio d’inizio in fallo laterale. Sono solo alcune delle innovazioni partorite dal calcio moderno negli ultimi trent’anni. Alcune recentissime, proprio come quella di Luis Enrique al PSG. Senza dimenticare le rivoluzioni della tecnica pura basata sulla elaborazione dei dati, come la match analysis. Un calcio che sembra aver puntato quasi esclusivamente sulla potenza, sulla rapidità dei movimenti, sulla tattica ossessiva.
Quello che all’inizio appariva come la semplice democratizzazione del gioco a discapito del numero dieci, del fantasista, del talento puro che squartava la mediocrità di uno zero a zero con l’intuizione, adesso sembra sia diventata una esasperata democratizzazione. Sembra che l’entusiasmo di una giocata improvvisa, di un guizzo, abbia lasciato spazio alla pura normalizzazione. Nel collettivo degli undici giocatori, tutti sono importanti e nessuno sembra esserlo. A parte qualche eccezione.
Certo, ci sono ancora calciatori in grado di ribaltare le previsioni mandando all’aria consigli e pronostici sulle prossime partite fatte da analisti più che esperti. Ma questo è vero solo in parte. Perché molte squadre hanno un collettivo che non entusiasma. Che pecca di personalità.
I campioni di oggi sono paragonabili a quelli del recente passato?
Personalità, carisma, genio, sregolatezza. Dove sono finiti Maradona, Totti e Del Piero? Dov’è finito l’estro dei registi alla Pirlo? Dov’è finita la follia di Ronaldinho? L’attesa per il destro a giro di Pinturicchio? La violazione del limite di Inzaghi sul fuorigioco. La monumentalità di Buffon, Mihajlovic, Zidane, Maldini. Dove sono finiti Savicevic, Gascoigne, Hernan Crespo, Shevchenko, Batistuta. Basterebbero anche solo gli idoli di provincia. Miccoli, Di Michele, Di Natale. La lista è interminabile.
Persino Cristiano Ronaldo, mostro sacro del calcio ancora in attività, ha vissuto la parziale trasformazione da calciatore a macchina perfetta. Nemmeno una sbavatura, un inciampo, una parola fuori posto. La normalizzazione del football. Per di più oggi sembra di assistere a un manipolo di meteore. Calciatori che vivono la celebrità di una stagione per tornare ad essere, in quella successiva, una semplice pedina dell’undici titolare. È l’industria del calcio, che sforna a basso costo, passa al setaccio e trattiene i migliori. Ma i migliori negli schemi, quelli del compitino, esecutori di uno spartito disegnato sulla lavagna digitale. Resistono le cantere, quelle iberiche, capaci di formare ancora l’arroganza ingenua dei vari Yamal. È già qualcosa.
In molti pensano che prima di essere calciatori bisogna essere uomini. Ma chi sono oggi gli uomini del rettangolo verde? Quelli che si contemplano sui monitor degli stadi dopo ogni azione riuscita oppure ogni gol mancato? Quelli imbellettati, pronti ad aggiustarsi il pelo per le riprese Sky durante la prima serata di Champions? I simulatori seriali? I tatuati? I trapper in tuta e cuffie nel pre-partita? Gli utilizzatori seriali di Instagram? Paragonare i giocatori di oggi a quelli del passato, almeno per quanto riguarda la mascolina personalità che esalta gli animi, sembra impossibile. Il calcio sta vivendo un cambiamento epocale di natura antropologica. Non esistono più gli uomini. Siamo tutti ragazzi, forse.
I campioni degli anni ‘90-2000 potrebbero fare ancora la differenza?
Retrocedere fino all’inizio del nuovo millennio sembra di retrocedere, sul piano calcistico, di un’era geologica. Non è nostalgia. Non è memorabilia. È pura verità. Se la domanda è “I campioni degli anni ‘90-2000 potrebbero fare ancora la differenza?”, la risposta è sì. E se la rivoluzione calcistica che si è materializzata lo ha fatto a scapito della fantasia, è sulla fantasia che chiudiamo questa irriverente analisi relativa al calcio moderno. Provate a immaginare il vostro undici di inizio secolo. Ci darete ragione. O magari potrete darci torto.


