E se il calcio caprino discendesse da Vittorio Sgarbi?

Può essere Vittorio Sgarbi il "padre" del caprinismo? Il suo tormentone "capra! capra! capra!" sembra parlar chiaro...

Nessuno lo poteva immaginare, proprio nessuno. Chi poteva credere che, in uno di quei tanti lunedì apparentemente sempre uguali, al “Processo di Biscardi” si cominciavano a smuovere i destini del calcio italiano? Come si poteva immaginare che, tra quei litiganti bramosi di moviola in campo, si stessero impiantando i germi della più grande rivoluzione calcistica? Più grande di quelle fatte da Pelé e Maradona. Ma soprattutto: è possibile che l’origine di questo sconvolgimento nel mondo calcistico si fosse incarnato in una sola singola persona?
Il nuovo ordine che rappresenta oggi il calcio caprino è un mistero troppo grande, incomprensibile nella sua maestosità. Talmente immenso che sembra impossibile rintracciarne l’origine in un semplice essere umano, piuttosto che in un calciatore, o peggio in un frequentante degli intellettuali circoli biscardiani. Eppure un team di scienziati ha ufficializzato la scoperta a dir poco sconcertante: il calcio caprino ha un’origine, anzi un vero e proprio antenato, ed è Vittorio Sgarbi!

 

Perchè proprio Vittorio Sgarbi?

Ebbene, com’è possibile che questo grande studioso d’arte, un uomo che sta al calcio come un vegano sta al salamino Beretta, un critico di dipinti e sculture, possa essere la pietra angolare su cui si è innalzato il calcio caprino così come lo conosciamo? Secondo gli scienziati, analizzando alcuni dei momenti televisivi più famosi del critico è possibile rintracciare tratti primitivi che, dopo una serie di rapidi processi evolutivi, sarebbero poi diventati i pilastri su cui si regge il moderno football lanuginoso.

 

L’episiodio con Mosca e Squitieri

Si parte, appunto, da uno storico dialogo, puro ed intellettuale, avvenuto nelle prime edizioni del Processo. Erano anni di fermento, il calcio appariva come un mondo inquieto con le sue piccole prime reti pay per wiew, e ci sono tre uomini: Maurizio Mosca, Pasquale Squitieri e Vittorio Sgarbi, appunto. È quest’ultimo che, a un certo punto, si erge improvvisamente sulle masse e pronuncia una di quelle frasi che, a detta dei ricercatori, avrebbe dato il via al processo caprino: “Un calciatore produce un’emozione identica a quella di un artista, e nessuno si stupisce che Picasso sia miliardario”.

 

Una frase piena di verità

Come non dargli ragione? In fondo, i calciatori caprini non sono dei veri e propri artisti? Portabandiera di un calcio che unisce agonismo e meraviglioso tassesco? Pensiamo al dinamismo di un gol di Loria, ad un’eroica uscita disperata di Ballotta dai pali, alle plastiche figure nelle esultanze di Sciaudone o alle emozioni distopiche nelle cadute del “divino” Jonathan. Sgarbi ci aveva visto giusto insomma. Anzi, Sgarbi sapeva!

 

Vittorio Sgarbi vs Cecchi Paone

Facciamo adesso un salto in avanti di qualche anno. E’ durante lo storico dibattito con Cecchi Paone che il Vittorio progenitore incastona un’altra perla fondamentale per i caprini destini: “… impari quella capra! Non portarmi dei fasulli, che fanno i laici del ca**o. Il ca**o gli piace! Quello gli piace!”
Qui la ricerca coglie un altro dei semi primigeni: la mascolinità, elemento distintivo del calcio caprino, che non lascia spazio a smancerie o relazioni promiscue. Il calcio caprino è soprattutto uomo, inteso come uno stile rude di vita. Una vita dedita al pallone da calcio, e a null’altro. Ma i ricercatori vanno a fondo, e sempre in questo momento rintracciano molto di più: tutto sta in quel “Capra!” pronunciato ad alta voce. È la miccia, lo stoppino che aspetta la scintilla e poi innesca l’esplosione della dynamite.

 

Il momento epocale da Chiambretti

E il “botto”, fragoroso, finalmente arriva. Siamo su Rai2, a condurre c’è Piero Chiambretti e al suo fianco un avversario più agguerrito, Aldo Busi. Ed è proprio contro quest’ultimo che esplode dalla bocca di Sgarbi una parola. Un vocabolo che è pieno di significato, e che si ripete e si ripete. E’ più del solito tormentone latinoamericano dell’estate, è più dell’ostinato motivo del Bolero di Ravel. È un destino che forse si svela: “Capra!”, ripetuto fino allo sfinimento.

 

Conclusioni Caprine

Nasce quindi in questo modo il calcio caprino? Ha così origine la sua meravigliosa rivoluzione? Il team di ricercatori ne è sicuro, ed è fiducioso di trovare presto ulteriori conferme riguardo l’ardua questione. Nell’attesa, una cosa è certa: quello che Sgarbi ha fatto è stato sicuramente un passo che ha solcato un abisso. Un piccolo passo per l’uomo, certamente, ma allo stesso tempo un gigantesco balzo in avanti per il “caprinismo”.

 

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