Vincenzo Esposito, un pioniere caprino nell’NBA

Le geste del "Diablo" Vincenzo Esposito, tra i primi cestisti italiani a sbarcare nell'NBA, dove ha infiammato palazzetti (e animi!) come già accadutogli in patria.

Prima della globalizzazione che ha colpito anche il mondo del basket, immaginare un italiano ritagliarsi un ruolo nell’Nba tutta testosterone a stelle e strisce era un affare decisamente complicato.

I primi italiani in NBA

A parte un giovanissimo Mike d’Antoni negli anni ’70 (naturalizzato), per vedere due italiani purosangue sbarcare oltreoceano bisognerà aspettare la stagione 95/96. Il primo fu Stefano Rusconi, centro che venne scelto alla chiamata numero 60 dai Phoenix Suns. E che ebbe una esperienza fallimentare alla Sun Yue.
Il secondo invece è quello che ci interessa di più: un giocatore nato, cresciuto e svezzato in provincia di Caserta, abituato a far sentire la sua voce dappertutto e senza timori reverenziali per nessuno. Appunto, Vincenzino Esposito.

La Carriera di Vincenzo Esposito

La carriera in Nba del “Diablo”, come viene spesso soprannominato, in realtà non fu proprio esaltante: pur essendo di gran lunga uno dei giocatori più talentuosi in Italia, venne ingaggiato dai Toronto Raptors fuori dal draft per completare una rosa farcita da poche stelle e molte vecchie glorie. Ma lui non si è mai fatto scoraggiare.
In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Vincenzo Esposito raccontò il suo botta e risposta con Steve Smith, guardia degli Atlanta Hawks, un episodio che dice molto sul suo carattere: “Mi chiese chi fossi, io gli risposi che ero quello che tra poco gli avrebbe segnato in faccia. Eravamo vicini alla nostra panchina, e i miei compagni si spaccarono dal ridere”

I primi tempi in NBA

Ad ogni modo, dopo i primi mesi di difficoltà, il casertano inizia a conquistare il suo spazio nelle rotazioni della disastrata franchigia. Arrivano i primi minuti, i primi punti, fino ad arrivare alla magica notte del 6 aprile 1996: i Raptors affrontano in trasferta i New York Knicks di Patrick Ewing.

La grande notte a New York

Contro i newyorkesi, Esposito lascia finalmente il segno: partendo dalla panchina, mette a referto 18 punti, 2 rimbalzi e 2 assist. Pare che ad infiammare “El Diablo” però non sia stata l’atmosfera magica del palazzetto dei Knicks, quanto un arzillo vecchietto a bordo campo, reo di averlo impunemente deriso.
A lui, con ampi gesti, sarà dedicato ognuno dei 18 punti messi a segno tra lo stupore generale. Tanto che anche il suo bieco avversario a fine partita si vedrà costretto a cedergli l’onore delle armi.

Le parole di Vincenzino

“Al mio primo canestro dietro la nostra panchina si sollevò un po’ di stupore. C’era questo tifoso, di una certa età, che rideva e urlava. Giocando poco non potevo fare troppo il presuntuoso, ma io non le ho mai mandate a dire. Così iniziai a dedicargli i miei canestri, indicandolo: si creò questo simpatico teatrino, e a fine partita mi aspettò per farmi i complimenti e darmi un cinque”

I Raptors ovviamente persero la partita 136-109, ma Vincenzo Esposito si era regalato una notte da ricordare e un nuovo amico. In America come in Italia, lui è sempre stato così: un campione che parla col cuore, come nella sua più celebre fotografia dell’epoca. Quella in cui spiega ai suoi avversari come si fa ball-handling… cercatela su Google!

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